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CARLO
RUBBIA
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Nato
a Gorizia il 31 marzo 1934, Carlo Rubbia si laurea in Fisica alla Normale
di Pisa, ma poco dopo emigra negli Stati Uniti, alla Columbia University
di New York, il gotha della scienza di quel periodo (1958). Si è
appena abituato al nuovo ambiente che gli giunge notizia del programma
di costruzione di un Centro Internazionale della Scienza in Europa, a
Ginevra. Ritorna nel 1960 e continua gli esperimenti, già iniziati al Ciclotrone di Nevis, sul decadimento e la cattura nucleare dei mesoni µ, o muoni. II successo ottenuto mette ben presto in evidenza i limiti tecnologici degli strumenti impiegati. Rubbia allora propone (1976) l'idea di un acceleratore in cui le particelle protone-antiprotone, invece di essere "sparate" su un bersaglio fisso, si scontrino frontalmente aumentando l'energia dello scontro. |
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Il CERN di Ginevra accetta questa proposta anche se è costretto a convertire il suo Sincrotone in un Superprotosincrotone, collider (collisionatore) capace di sviluppare circa 270 Gev. Da qualche anno alcuni fisici teorici, tra cui Weinberg, Salam e Glashow, stavano costruendo una teoria unificata delle interazioni elettromagnetiche e deboli; con il nuovo collisionatore, Rubbia lavora per la verifica sperimentale di questa teoria. Intanto ottiene a Harvard (1970-1988) la cattedra di Fisica e a chi gli sottolinea il disagio di fare ogni fine settimana il viaggio Ginevra-New York-Ginevra risponde: "E faticoso, lo ammetto, ma chi vuol fare ricerca pura deve essere ammalato anche del bacillo accademico, altrimenti va a lavorare per l'IBM e guadagna quattro volte tanto". Durante i quattro giorni della settimana in cui rimane a Ginevra, Rubbia, affiancato da un gruppo di fisici internazionali del CERN cerca di risolvere i difficili problemi che la produzione quotidiana di antimateria gli pone. Il passaggio più difficile è quello che consiste nel concentrare i fasci di particelle e ottenere che i due fasci collidenti non si annullino a vicenda. Simon Van der Meer riesce a risolvere questo problema ideando un processo di raffreddamento stocastico in grado di concentrare i fasci di particelle. Alla prova, le particelle non si annullano e continuano a girare. La successiva scoperta (1983) dei bosoni W (positivo e negativo), a cui si aggiunge il bosone neutro "Zeta zero", è quasi la naturale conseguenza di quel primo successo. Il Nobel a Rubbia e al collega del CERN Simon Van der Meer arriva appena un anno dopo (1984), quando già l'instancabile professore sta progettando la costruzione di un Grande Collisionatore a elettroni e positroni, il LEP, un anello di 27 Km di circonferenza, scavato nel sottosuolo tra la Francia e la Svizzera, che sarà inaugurato ufficialmente nel 1989. Dal dicembre 1989 Carlo Rubbia è Direttore Generale del CERN, con un incarico di cinque anni, ma non per questo limita i suoi orizzonti. Promuove a Trieste la realizzazione del progetto "Luce di Sincrotone" che darà all'Italia una macchina capace delle più sofisticate innovazioni tecnologiche; contribuisce in maniera decisiva all'attività del Laboratorio del Gran Sasso dedicato alla ricerca del decadimento del protone. È il cosiddetto esperimento "Icarus" che tenterà anche di rilevare, al pari di un elementare telescopio di neutrini, il segnale dei neutrini emessi dal sole. Intanto la vicenda di Chernobyl ha scosso le coscienze e intaccato l'aura sacrale che ammantava l'ambito nucleare. Anche Rubbia è combattuto e manifesterà questa sua inquietudine nel libro II dilemma nucleare (Sperling & Kupfer, Milano 1987). Perciò propone, alla Conferenza Nazionale per l'Energia (Roma 1987), un esperimento per cercare di produrre energia da fusione, la fonte di energia pulita che potrebbe risolvere i problemi dell'uomo nel 2000. Si tratta di un reattore a confinamento inerziale, che utilizzando fasci di collisione ad alta energia, dovrebbe far implodere le microscopiche palline di deuterio e trizio. I risultati più importanti della fusione a tutto campo, sperimentata
capillarmente in tutto il mondo sono stati finora ottenuti dal Jet,
a Culham in Inghilterra; se ne occupano anche Ginevra e Trieste. L'attenzione di Rubbia non è però rivolta soltanto alle
macchine ma anche agli uomini. Colpito dalla diaspora degli scienziati
ex-sovietici sta ora cercando di arginare la dispersione del patrimonio
scientifico e culturale dell'ex Unione Sovietica. Per sostenere in patria
cinquemila scienziati propose infatti al Presidente Mitterand una Fondazione
Internazionale, il cui budget annuale si aggirava sui cento milioni
di dollari. Ma tanto fervore e tanto dinamismo non lo hanno allontanato
dai timori per l'esplosione demografica e per gli sviluppi dell'ingegneria
genetica. "Per quanto la scienza possa essere ricca di idee e di
soluzioni non potrà mai competere con la crescita esponenziale
della popolazione umana" dice Rubbia, mentre agli amici biologi
ricorda e raccomanda: "Non ripetete l'errore di noi fisici ai tempi
della bomba termonucleare, non aprite strade che ripetano sbagli da
noi già fatti in passato". |
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